Quinta parte – È necessaria una revisione dei sottotipi descritti dal modello?
Perché dedicare così tanto spazio al Modello Patogenetico di Blaszczynski e Nower (2002)?
Dopo tre articoli incentrati sulla descrizione del Modello Patogenetico (MP) e sulla sua rilevanza clinica (Bellio 2020a, 2020b, 2021a), e dopo un ulteriore articolo (Bellio, 2021b) sul Gambling Pathways Questionnaire-GPQ, strumento standardizzato per la classificazione dei giocatori secondo le tre tipologie del modello (Nower & Blaszczynski, 2017), sembra opportuno ritornare sul tema alla luce di un recentissimo articolo pubblicato online a metà novembre scorso (Nower, Blaszczynski, & Anthony, 2021).
L’articolo è una derivazione dello studio di validazione del GPQ, utilizza lo stesso campione di pazienti e gli stessi dati, ma li rilegge e li rielabora secondo un diverso punto di vista. L’articolo di validazione del GPQ si era infatti chiesto quali variabili, coerenti con il MP, fossero più efficienti nel distinguere le tre tipologie di giocatori. Nell’articolo attuale gli Autori si chiedono quali siano i profili dei pazienti che emergono dall’uso del GPQ e quanto essi risultino in linea con il modello teorico. Nel primo caso l’attenzione era focalizzata sugli item del questionario, nel secondo caso sui pazienti.
Uno dei punti in discussione, ad esempio, riguarda le possibili aree di sovrapposizione del tipo II e tipo III, come previsto dalla formulazione originale del MP, essendo talora clinicamente evidente una comorbilità psichiatrica nei giocatori impulsivi antisociali e/o una accentuata impulsività in certi pazienti con disturbo mentale. Un precedente studio empirico (Nower et al., 2013) aveva confermato tale postulato, anzi la sovrapposizione appariva così ampia da far ipotizzare che in realtà il tipo II e il tipo III rappresentassero due sottogruppi di una stessa tipologia. Tuttavia, in quello studio l’attribuzione dei giocatori ad una delle tre tipologie era stata ricavata sulla base di un’ampia esplorazione di aspetti psicopatologici, compreso l’abuso di sostanze, ADHD, personalità antisociale, familiarità problematica, oltre ad alcuni dati socioanagrafici. In altre parole, si trattava di variabili che, pur se importanti sul piano clinico, non sembravano possedere spiccate capacità discriminatorie. Al contrario, il GPQ è stato successivamente sviluppato per finalità classificatorie.
Per far emergere le tipologie di giocatori sulla base dei dati ricavati dal GPQ, Nower e Colleghi (2021) hanno applicato l’analisi delle classi latenti, una metodologia statistica in grado di classificare gli individui in gruppi, aggregando tra loro i soggetti con profili omogenei. Nello studio i dati vengono ricavati dalla applicazione della forma definitiva del GPQ, con l’eccezione delle variabili psicopatologiche: gli Autori, infatti, hanno suddiviso le due variabili della sofferenza psichica globale pre e post avvio del gioco problematico in quattro: ansia e depressione pre e post, portando le variabili complessive da 9 a 11. Purtroppo, l’articolo non dettaglia questa scelta.
I risultati dello studio di Nower e Colleghi
Sulla base dell’analisi statistica dei punteggi ottenuti nelle 11 sottoscale, Nower e Coll. hanno mostrato che la classificazione in tre gruppi era la più adeguata. Ogni gruppo aveva un profilo compatibile con una corrispondente tipologia del MP. Anche la ripartizione nei tre gruppi dell’età e del sesso dei soggetti (dati non compresi nella elaborazione statistica) sono risultati compatibili con quanto previsto dal MP: le donne erano proporzionalmente più rappresentate nel tipo II, i maschi e i giovani nel III. La gravità del gioco problematico, misurata con il PGSI, risultava mediamente minore nel tipo I, come atteso.
Il Tipo 1 ha mostrato minori punteggi su tutte le variabili. Anche i punteggi ottenuti dai soggetti dei tipi II e III sono risultati coerenti con quanto atteso sulla base del MP, con due particolarità. La prima riguarda la psicopatologia (ansia e depressione pre e post) che non ha mostrato alcuna sovrapposizione tra le due tipologie, contrariamente a quanto in precedenza affermato dal MP. La seconda riguarda la motivazione a giocare come meccanismo di fronteggiamento dello stress, che si è rivelata egualmente elevata nelle due tipologie (ricordiamo che la Coping Motivation nel GPQ è stata concepita come una variabile distintiva del tipo II).
Infine, la numerosità dei pazienti dei tre tipi è risultata rispettivamente del 44.2% (tipo I), 39.5% (tipo II), e 16.3% (tipo III). In questo caso era invece atteso che il tipo II fosse il più frequente. Tuttavia la proporzione tra i tre tipi potrebbe dipendere da molteplici fattori, anche locali.
La tabella seguente riassume il Modello Patogenetico riveduto, così come emerso dall’uso del GPQ.
La revisione delle tipologie del MP avrà conseguenze cliniche significative?
Il GPQ è stato costruito per classificare quanto più correttamente possibile i giocatori problematici secondo le tipologie previste dal MP.
Essendo complesso il modello teorico, la realizzazione dello strumento di classificazione ha richiesto alcune scelte semplificatorie da parte degli Autori al fine di ottenere un questionario che fosse maneggevole e sufficientemente sintetico, pena l’inapplicabilità nella pratica clinica. La metodologia statistica di validazione ha inoltre individuato e selezionato i fattori più critici, quelli cioè che pesano di più nella discriminazione tra le diverse tipologie, tralasciando variabili che, seppur importanti sul piano clinico, dimostravano una minor capacità classificatoria.
La pesatura degli item ha quindi portato alla progressiva eliminazione di un certo numero di fattori di rischio, come ad esempio l’abuso di sostanze, l’ADHD, la familiarità problematica. Pertanto, questi fattori non sono stati presi in considerazione nel lavoro del 2021, al contrario di quanto fatto nello studio del 2013. L’eliminazione di fattori così clinicamente rilevanti potrebbe generare qualche perplessità nell’operatore clinico, il quale tuttavia dovrà garantire un assessment sufficientemente ampio e adeguato. Il GPQ verosimilmente dovrà essere associato ad altri strumenti mirati a valutare le variabili importanti non incluse [per un approfondimento sulla valutazione in ingresso del giocatore si rimanda al capitolo di Bellio nel Manuale d’Uso del GPQ (Bellio, 2022)].
Il fatto che i profili delle tre tipologie, e in particolare dei tipi II e III, risultino maggiormente distinti tra loro rispetto a quanto affermato nel modello teorico, è la logica conseguenza delle elevate capacità discriminatorie del GPQ, il che resta un elemento positivo nell’applicazione clinica.
Quali le ricadute pratiche?
Le ricadute operative dipendono dal contesto in cui si opera.
In un contesto di ricerca, il GPQ consentirà una classificazione più affidabile, standardizzata e riproducibile dei giocatori, ragion per cui ci si attende che gli studi futuri possano finalmente mettere in relazione fenomeni e trattamenti con le tipologie di appartenenza. In assenza di ciò, i risultati di molti studi continueranno ad offrire solamente una visione d’insieme approssimativa. Ad esempio, pur se è importante conoscere quali trattamenti siano efficaci in generale nei giocatori problematici, è indispensabile specificare quali tipologie rispondano maggiormente ai diversi programmi, specie a fronte di elevati tassi di drop out e di scarsa adesione ai trattamenti cognitivo comportamentali.
In un contesto clinico pratico, gli operatori dovranno tener conto delle opportunità e dei limiti del GPQ, soprattutto dopo aver maturato una certa esperienza applicativa. Innanzi tutto, si valuterà meglio la soglia a partire dalla quale il GPQ fa scattare la discriminazione dei giocatori più complessi (tipo II e tipo III). Il profilo dei fattori di rischio deve infatti superare un certo peso per ottenere una diagnosi di tipo II o III, mentre il giocatore di tipo I, per definizione, resta al di sotto dei cut off minimi. La questione, quindi, è la seguente: sul piano clinico i giocatori di tipo I sono “realmente” esenti da fattori di rischio psicopatologici o da impulsività antisociale, come previsto teoricamente? Oppure tra coloro che verranno classificati come tipo I ci saranno giocatori con livelli di vulnerabilità emotiva o antisociale meno gravi? E in questa eventualità quali saranno le ricadute sul piano delle risposte ai programmi di trattamento?
Va da sé che riuscire a distinguere i “veri” giocatori tipo I dai giocatori di tipo II e III meno gravi avrebbe una certa rilevanza operativa. In questa operazione, lo studio del profilo individuale dei fattori di rischio fornito dal GPQ potrebbe risultare fondamentale.
Una maggior esperienza d’uso consentirà inoltre di comprendere se i tipi II e III, una volta prese in considerazione tutte le aree di funzionamento psicosociali, siano realmente così distinti e virtualmente privi di aree di sovrapposizione. È lecito nutrire dubbi in merito e, si badi bene, nemmeno il GPQ esclude la possibilità della coesistenza di psicopatologia e impulsività antisociale. Anche in questo caso, l’applicazione del GPQ e di altri strumenti psicometrici aiuterà gli operatori a dare il giusto peso ai fattori di rischio, individuando i più rilevanti e fornendo un profilo individuale che risulterà utile ai fini della costruzione del programma terapeutico.
Va infine sottolineata la necessità di sviluppare una specifica esperienza di valutazione dei giocatori d’azzardo italiani, essendo possibili delle diversità tra ambiti culturali differenti. Infatti, la validazione italiana del GPQ ha richiesto la modifica di alcuni item e dei punteggi di cut off delle sottoscale. Ciò a dimostrazione delle possibili influenze culturali nella espressione dei comportamenti azzardo correlati. Per tale motivo agli operatori italiani si raccomanda di far riferimento al Manuale d’Uso della versione italiana (Casciani & Primi, 2022) piuttosto che all’articolo originale di validazione per la popolazione anglosassone (Nower et al., 2017).
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