Sesta parte – Ulteriori considerazioni sulla revisione dei sottotipi descritti dal modello
Nower e Blaszczynski hanno recentemente pubblicato (2021) un lavoro in cui viene proposta una parziale revisione del modello patogenetico (MP) da loro formulato nel 2002. Nelle settimane scorse sono stati pubblicati due commenti al paper, e infine la replica dei due autori. Si è ritenuto quindi opportuno presentare anche questi ultimi contributi, a complemento di quanto precedentemente scritto.
Ricapitoliamo: nel 2017 Nower e Blaszczynski pubblicano il lavoro di validazione del questionario Gambling Pathways Questionnaire (GPQ), primo e finora unico strumento psicometrico per la classificazione dei giocatori problematici secondo il modello patogenetico. Lo sviluppo del questionario è stato complesso e ha richiesto un’accurata selezione di fattori che, oltre ad essere coerenti con il modello stesso, avessero capacità discriminatorie tra i tre sottogruppi. Ho presentato e commentato questo lavoro qui.
Nel 2021 Nower, Blaszczynski e Anthony pubblicano un ulteriore lavoro in cui, a partire dai dati ottenuti nel lavoro di validazione del GPQ, propongono una modifica parziale del modello dove le tre sottotipologie, e in particolare la seconda e la terza, risultano distinte in modo radicale, coerentemente con quanto ricavabile con il GPQ. Ho presentato e commentato questo articolo qui.
Nei primi mesi del 2022 alcuni ricercatori e clinici esperti pubblicano due interessanti commenti al lavoro di Nower e Colleghi sulla revisione del modello.
Le osservazioni di Billieux e Colleghi
Billieux et al. (2022) propongono due osservazioni: (1) la netta separazione tra le tre sottotipologie del MP e la concettualizzazione del modello come sistema applicabile solamente alle condizioni clinicamente rilevanti denoterebbe una prospettiva neo-Krepeliniana ormai superata dal più moderno approccio dimensionale secondo il quale la comprensione dei meccanismi patogenetici passa attraverso lo studio non solo di soggetti patologici, ma anche normali. [Ricordo che l’approccio neo-Krepeliniano tende a considerare i disturbi mentali come entità naturali, cioè elementi esistenti di fatto, realtà indipendenti dall’approccio metodologico e osservativo utilizzato per studiarle, e distinte tra loro da confini netti. L’accurata descrizione delle loro caratteristiche secondo punti di vista e metodi differenti, ma convergenti (genetico, neurobiologico, clinico…), si concretizza in diagnosi categoriali distinte]. In questo senso, nette categorie diagnostiche vengono attualmente criticate in particolare nei disturbi di personalità, il che è rilevante per il MP dal momento che giocatori con disturbo antisociale caratterizzano la terza tipologia. Ciò comporta che, secondo gli Autori, distinti limiti tra sottotipi sia ancora meno giustificato.
(2) La seconda osservazione riguarda le procedure statistiche di classificazione che solitamente richiedono l’analisi dei cluster o delle classi latenti. Nell’applicazione di queste procedure al modello patogenetico emergerebbero dei problemi specifici, in particolare una certa libertà nella determinazione del numero di raggruppamenti o classi ottenute. Secondo Billieux e Coll., nel concreto spesso le ricerche otterrebbero un numero di classi maggiore dei tre previsti dal modello.
In conclusione gli Autori ritengono che il valore del MP venga ridotto dalla applicazione ai soli casi clinici, considerando che ai servizi accede solamente una porzione limitatissima di giocatori problematici, e propongono ulteriori ricerche che partano da approcci differenti e utilizzino metodologie statistiche che non presuppongano l’esistenza di classi o categorie nettamente distinte tra loro.
Le osservazioni di Goundriaan & de Waal
Goundriaan e de Waal (2022) concentrano le loro osservazioni sulla importanza delle comorbilità psichiatriche nella fenomenologia e trattamento del disturbo da gioco d’azzardo. (1) Come in studi precedenti, anche i dati presentati nello studio di Nower et al. (2021) mostrano una decisa presenza di traumi infantili nella storia dei giocatori patologici, soprattutto del tipo 2 e 3, ciò incrementando il rischio di patologie post traumatiche (PTSD) o altri disturbi psicopatologici. Ciò ovviamente ha un peso rilevante nel determinare prognosi e trattamento. Purtroppo la co-occorrenza di PTSD e azzardo patologico è poco studiata e poco diagnosticata nei servizi, pur se riguarda un numero rilevante di giocatori di tipo 2 e 3.
(2) Molto importante è inoltre la comorbilità con il disturbo di deficit d’attenzione e iperattività (ADHD), soprattutto in relazione alla impulsività dei giocatori del terzo tipo. Benché dimensioni come l’impulsività e il risk-taking risultino incluse tra quelle rilevate dal GPQ, la valutazione della comorbilità con ADHD risulta assai rilevante sul piano clinico. Senza contare infine che, almeno nei soggetti con alcoldipendenza, il PTSD e l’ ADHD coesistono con una certa frequenza (Luderer et al., 2020).
La conclusione è che l’assessment del giocatore deve includere uno screening per PTSD e ADHD, data la loro indubbia rilevanza clinica.
Le mie precedenti osservazioni
Per completezza schematizzo anche le mie precedenti osservazioni sull’articolo dei Nower e Blaszczynski:
(1) la revisione del modello nasce dallo studio sullo sviluppo e validazione del GPQ la cui finalità è la discriminazione dei sottotipi. Non sorprende quindi che le variabili considerate siano state selezionate sulla base della loro capacità discriminatoria e non della loro importanza clinica.
(2) l’esclusione di fattori di rischio e di elementi complicanti il quadro clinico, quali per esempio l’ADHD e l’abuso di sostanze, richiede un assessment specifico con strumenti aggiuntivi al GPQ
(3) alla luce dell’esperienza clinica, è difficile pensare che i sottotipi di giocatori siano entità naturali distinte in modo netto tra loro. E ciò sia in termini di comorbilità psichiatrica, presente sia nel tipo 2 che nel tipo 3, sia in termini di fattori di rischio. Lo stesso GPQ valuta il giocatore in 2 step: con il primo vengono definiti i pesi dei diversi fattori di rischio e il relativo profilo individuale, e con il secondo si valuta il superamento dei cut-off che individuano le tipologie. Ciò significa, a mio avviso, che non è necessario presupporre una categorializzazione delle tre tipologie del MP.
La replica di Nower, Blaszczynski e Anthony alle osservazioni
Nella loro replica, Nower e Colleghi concordano sostanzialmente con le osservazioni di Goundriaan e de Waal sulla importanza clinica della comorbilità dell’azzardo problematico con ADHD e PTSD. Tuttavia, la finalità del loro lavoro non era rivolta unicamente a valutare i fattori di rischio per il gioco problematico nel suo complesso, ma soprattutto a individuare i fattori discriminanti tra le tre tipologie. L’ADHD è risultato un fattore presente in tutti i sottotipi di giocatori e quindi non è risultato utile alla classificazione. Pertanto appare indispensabile un processo di assessment ampio con strumenti specifici addizionali rispetto al GPQ.
In secondo luogo, l’intento del MP è sempre stato di evidenziare le variabili chiave in grado di potenziare l’intervento terapeutico in specifici sottogruppi di giocatori. In questo senso l’applicabilità del MP è indirizzata essenzialmente ai soggetti sintomatici. Ciò non presuppone l’adozione di una visione categoriale del comportamento di gioco d’azzardo, e neppure esclude che fattori di rischio siano presenti anche nel gioco ricreativo. Certe caratteristiche del modello, ad esempio uno stato d’ansia o depressione secondaria ai problemi di gioco, richiedono la presenza di un comportamento problematico, per cui il MP si applica solamente ai giocatori con un qualche livello di problematicità, fermo restando la possibile presenza di alcune caratteristiche del modello anche nei giocatori sociali.
Nower e Coll. concludono sottolineando il loro tentativo di evidenziare la necessità di studiare il MP includendo tutte le variabili chiave e non solo una parte, escludendo quelle che non rappresentano un fattore eziologico bensì una complicazione successiva, o applicando il modello con modalità fuorvianti. Nel futuro è auspicabile che la ricerca utilizzi il MP come trampolino per nuovi sviluppi teorici, originali o complementari.
Conclusioni
Aggiungo poche cose alla discussione appena presentata:
– il lavoro di revisione del modello patogenetico mi procura la sensazione di essere di fronte ad una tautologia: se costruisco uno strumento che mi consente di ottenere una buona classificazione dei giocatori problematici, è lecito successivamente riorganizzare il MP attorno ai soli fattori discriminanti? È noto che esistono elementi eziologici comuni e altri specifici per ognuna delle tre tipologie e il modello patogenetico li comprende tutti. Per definizione, il tipo 1 è costituito da giocatori in cui gli elementi eziologici fondamentali sono quelli comuni. Mi sembra quindi poco opportuno basare una revisione del MP sulla base dei dati ottenuti in un lavoro mirato unicamente a discriminare i tre sottotipi.
– oltre alla precedente perplessità, mi sembra che esistano ulteriori aspetti contraddittori o poco chiari. Se Nower e Coll. insistono sul fatto che gli elementi chiave del modello sono quelli precedenti l’avvio dell’azzardo problematico (“…we have attempted to draw attention to the methodological weaknesses underpinning research that purports to ‘test’ the model (…) including variables that follow rather than precede gambling onset…”, Nower et al., 2022) allora non è chiaro perché nel GPQ sia inclusa la variabile Umore-Post-avvio-gioco e venga inclusa poi nel MP revisionato.
– al contrario, mi sembra opportuna la scelta del GPQ di produrre un profilo individuale di fattori di rischio pesati: ciò aiuta il terapeuta nel suo ragionamento clinico, in modo complementare alla classificazione in uno dei tre tipi. Tra l’altro va notato che la pesatura delle sottoscale risulta più trasparente sul piano statistico nell’adattamento italiano di Primi e Donati rispetto al lavoro originale.
– ma soprattutto, quanto è rilevante una revisione del MP agli occhi dell’operatore nella sua pratica clinica quotidiana? Secondo il mio punto di vista è necessario adottare un metodo clinico in 2 step: innanzi tutto una esplorazione diagnostica e una valutazione che allarghi lo sguardo in modo multidimensionale verso tutti quei fattori, primari o secondari, eziologici o complicanti, che abbiano rilevanza ai fini della diagnosi, prognosi e trattamento. In secondo luogo è altrettanto opportuno dotarsi di un modello clinico che consenta di organizzare i dati in modo adeguato e sintetico. Il MP, soprattutto nella sua formulazione originale, può senz’altro essere d’aiuto in questo lavoro. Al contrario, il tentativo di separare nettamente i tre sottotipi, come se fossero entità naturali indipendenti, potrebbe essere limitativo e fuorviante. In altri termini, la classificazione tipologica è utilissima, ma non va presa troppo sul serio. Sul piano dell’assessment ciò significa che se da un lato l’uso del GPQ è senz’altro raccomandato, esso tuttavia andrà associato ad altri strumenti, qualitativi e quantitativi, utili a valutare le variabili non incluse in esso.
– infine, sembra assolutamente condivisibile l’auspicio di Nower e Coll. che nuove ricerche consentano di allargare a nuove conoscenze il modello clinico del gambling patologico: nulla infatti nega la possibilità che si possano ottenere classificazioni tipologiche differenti. Nei giovani giocatori, ad esempio, i tre sottotipi sembrano andare un po’ stretti (Gupta et al., 2013).
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