Molte leggi italiane nascono su basi ideologiche e compromessi politici, mentre in altri Paesi il legislatore si avvale più spesso di dati empirici e di ricerche scientifiche. Un articolo inglese, recentemente pubblicato su Lancet Public Health, offre un esempio di come è possibile costruire raccomandazioni su base razionale in vista della riforma della legge sul gambling.
Il gioco d’azzardo è un consumo a rischio
Il consumo dell’azzardo comporta rischi per la salute in un certo numero di soggetti che lo praticano, in particolare il rischio di sviluppare una forma di dipendenza e di perdita del controllo.
Sono stati individuati numerosi fattori di rischio a livello ambientale e personale, nonché correlati ai meccanismi costitutivi di certe forme di gioco. È stato spesso sostenuto che il rischio di sviluppare gravi problemi azzardo correlati è piuttosto basso, essendo la prevalenza intorno al 3%, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Pacifici et al., 2019). Tuttavia, se il dato viene rapportato non tanto alla popolazione generale adulta, ma a quanti hanno effettivamente giocato almeno una volta d’azzardo nei 12 mesi precedenti, la prevalenza dei problemi gravi sale a oltre l’8%, arrivando al 16% se si aggiungono i giocatori a moderata problematicità. Ciò significa che un giocatore ogni 6 manifesta un livello di problematicità non trascurabile. L’azzardo si è pertanto aggiunto a pieno titolo alle altre forme legali di consumo che presentano rischi per la salute, aggravati da una condizione di addiction: alcol e tabacco.
Affrontare adeguatamente i problemi sociosanitari connessi ai consumi a rischio si scontra con opposizioni di varia natura, prima su tutte l’opposizione dell’industria che da tali consumi ricava importanti profitti. Più ricerche hanno mostrato che una fetta assai rilevante di ricavi deriva dall’azzardo gravemente problematico (il cosiddetto addiction surplus; Adams, 2016): dal 20% della Gran Bretagna al 40% dell’Australia. Per le slot machine il margine derivato dal gioco problematico è ancora maggiore.
L’industria dell’azzardo, a difesa del proprio business, ha sviluppato una serie di strategie molte delle quali sono già state utilizzate dall’industria dell’alcol e del tabacco. In particolare, da diversi anni è stata proposta la strategia del cosiddetto gioco responsabile (GR), analogamente al bere responsabile in campo alcologico.
Gioco responsabile vs approccio di salute pubblica
Le strategie di GR si basano essenzialmente su alcuni capisaldi, del tutto coerenti con un approccio (economico, ma non solo) neoliberistico: l’industria del gioco è un soggetto responsabile che finanzia molte iniziative socialmente apprezzabili; ogni consumatore è libero di scegliere; i danni derivano da scelte erronee del giocatore; l’industria e lo Stato devono impegnarsi a fornire tutte le informazioni tali da rendere la scelta del consumatore/giocatore sempre più consapevole, prudente e autolimitante.
L’obiettivo del GR è chiaro: attribuire la responsabilità al giocatore evitando la stigmatizzazione sociale dell’azzardo e qualsiasi provvedimento limitativo del consumo di giochi che finirebbe per danneggiare i profitti.
Il più noto modello di GR è il Modello di Reno (Blaszczynski et al., 2004), sviluppato e sostenuto da alcuni tra i più autorevoli esperti di disturbo da gioco d’azzardo (sic). Anche il Modello di Reno segue i principi neoliberisti che attribuiscono al consumatore la libertà di scelta e la responsabilità di eventuali conseguenze negative. Da qui il focus su strumenti che aumentino le informazioni e la consapevolezza del giocatore o che limitino i danni una volta che l’autocontrollo sia venuto meno. Ogni intervento limitativo da parte dello Stato o altri regolatori sarebbe da interpretarsi come una violazione del diritto alla libera scelta da parte del cittadino.
Molti clinici hanno comunque contestato il principio della unica responsabilità del giocatore, ad esempio alla luce del fatto che alcuni tra i più popolari giochi d’azzardo (come le slot machine e le lotterie istantanee) hanno meccanismi che tendono a manipolare attivamente il comportamento del consumatore.
Diversi autori propongono l’approccio di salute pubblica come alternativa al GR (Korn & Shaffer, 1999). Questo modello è ben noto a chi si occupa di dipendenze patologiche: esso propone un continuum di livelli di rischio per tutta la popolazione, il che impedisce di poter individuare a priori individui del tutto immuni al rischio di sviluppare problemi. Di conseguenza interventi preventivi differenziati vengono indirizzati sia alla popolazione generale, che ai gruppi più vulnerabili. L’intervento attivo dello Stato è raccomandato in quanto alcuni provvedimenti generali (ad esempio una politica sui prezzi e sulla tassazione e restrizioni del mercato) hanno già dimostrato di essere efficaci in altre forme di consumo a rischio. Naturalmente un approccio di salute pubblica non nega l’esistenza di responsabilità da parte del giocatore/consumatore, ma allarga la visuale comprendendo anche il ruolo dell’industria e dello Stato nel produrre e mantenere i problemi.
Purtroppo, le evidenze scientifiche sia sugli interventi di salute pubblica che di gioco responsabile sono scarse. Ciò nonostante, alcuni ricercatori inglesi, adottando un approccio di salute pubblica, si sono attivati allo scopo di dare un contributo scientificamente valido al legislatore britannico che sta discutendo una riforma della legislazione sul gioco d’azzardo (il Gambing Act).
Costruire il consenso su provvedimenti protettivi e di limitazione del danno
Regan, Smolar e Colleghi (2022) hanno utilizzato la metodologia Delphi per arrivare al consenso di un panel di 31 esperti internazionali su una lista di provvedimenti efficaci per prevenire e ridurre i problemi azzardo correlati. L’assenza del conflitto di interessi era condizione per l’ammissione al panel. In particolare, il partecipante non doveva aver ricevuto fondi o contributi dall’industria dell’azzardo da almeno 10 anni.
È stata approntata una lista di 103 interventi ricavati da report, documenti e normative varie, nonché da raccomandazioni ricevute sia da un nutrito gruppo di esperti di aree differenti (droga, alcol, tabacco, eccetera) che dai panelist stessi. Gli interventi erano stati organizzati in sette gruppi sulla base della tipologia di effetto desiderato: 1) tassazione e prezzi; 2) disponibilità; 3) accessibilità; 4) marketing, pubblicità, promozione e sponsorizzazione; 5) ambiente e tecnologie; 6) informazioni e formazione; 7) supporto e trattamenti.
Il metodo Delphi ha previsto tre round in ognuno dei quali ai panelist veniva richiesto di formalizzare il proprio giudizio sulla efficacia di ciascun intervento. È stato considerato raggiunto il consenso quando almeno il 70% dei partecipanti convergeva su un giudizio (inefficace, moderatamente efficace, molto efficace). Una volta conclusi i tre round, si è ottenuta una lista ridotta a 81 interventi, essendo stati esclusi dalla lista gli interventi giudicati inefficaci o sui quali non è stato possibile raggiungere alcun consenso.
Nella seconda fase dello studio, quattro tra gli autori dell’articolo ebbero il compito di valutare, assegnando un punteggio, la possibilità di successo nell’implementazione degli interventi nella realtà del Regno Unito. Gli 81 interventi selezionati dal panel vennero quindi valutati sulla base di 4 elementi: praticabilità dell’implementazione, convenienza, effetti collaterali (non necessariamente indesiderati), ed equità, intesa come effetto non discriminante tra gruppi sociali. Gli interventi che ottennero almeno il 50% del punteggio massimo vennero giudicati implementabili con successo.
Da questa seconda fase dello studio emerse una lista definitiva di 40 interventi sulla base dei quali era possibile formulare raccomandazioni al legislatore britannico, essendo stati giudicati sia efficaci, sia realizzabili.
La tabella definitiva degli interventi viene riprodotta qui sotto. L’articolo è open access, liberamente consultabile e scaricabile dal sito della rivista.
Alcune osservazioni finali a partire dal lavoro di Regan, Smolar e Colleghi
L’operatore impegnato nella prevenzione, cura e riduzione del danno del gambling problematico dovrebbe svincolarsi dai modelli di gioco responsabile, sia perché inadeguati, sia perché condizionati dall’essere stati sviluppati allo scopo di giustificare l’azzardo come un qualsiasi consumo normale, negandone la potenzialità di danno. Naturalmente alcune forme di gioco d’azzardo possono essere meno rischiose di altre.
Le ricerche empiriche su provvedimenti di gioco responsabile, pur se positive, di per sé non dimostrano la validità del modello di GR. Di fatto esse semplicemente si limitano a valutare interventi che agiscono sul versante individuale.
La responsabilità dei problemi azzardo correlati pesa sulle spalle di tutti i principali agenti coinvolti: industria, giocatore e Stato. Alcune forme di azzardo appaiono predatorie e i giocatori/consumatori andrebbero protetti.
Altre forme di consumi a rischio hanno mostrato di essere più sensibili a interventi collettivi, sostenuti da politiche e normative, piuttosto che a interventi di prevenzione a livello individuale.
Sarebbe fondamentale che anche in Italia il legislatore si avvalesse in modo fattivo dei risultati della ricerca scientifica e del parere degli esperti, anche finanziando ricerche mirate. Ciò purtroppo appare ancora lontano dal concretizzarsi.
È bene aver presente che i risultati di una consensus conference non possono sostituire ricerche sul campo. Le prove di efficacia (le evidenze) hanno diversi livelli di robustezza, e il parere degli esperti si colloca tra i più bassi, il che, però, è meglio di niente. Il consenso, infatti, può rappresentare una base da cui sviluppare esperienze e ricerche successive.
In ogni caso, non sembra utile attendere risultati di ricerche di massima robustezza sul piano metodologico (posto che vengano finanziate e concretizzate), anche per la difficoltà di svolgerle nell’ambiente reale, non controllato.
Nel caso di problemi azzardo correlati che, in via diretta o indiretta, riguardano un’ampia fetta di popolazione, è inoltre opportuno applicare il principio di prudenza, per cui nel dubbio si dovrebbe scegliere quanto è più protettivo.
Comunque, rimane ferma l’indicazione di valutare empiricamente i risultati dei provvedimenti presi e di proporre aggiustamenti sulla base delle osservazioni a posteriori.
Lo studio di Regan e Colleghi a mio parere è particolarmente significativo perché indica un metodo. La realtà culturale, sociale e industriale italiana potrebbe essere sufficientemente diversa da quella britannica, tanto da non consentire una diretta applicazione dei 40 interventi elencati nella lista finale. Potrebbe essere necessario invece partire dalla lista intermedia, prodotta dal panel di esperti, per procede successivamente ad una valutazione della realizzabilità nel contesto italiano.
Bibliografia
Adams, P.J. (2016). Moral Jeopardy: risks of accepting money from the alcohol, tobacco and gambling industries. Cambridge University Press, Cambridge, UK.
Blaszczynski, A., Ladouceur, R., & Shaffer, H. J. (2004). A science-based framework for responsible gambling: the Reno model. Journal of gambling studies, 20(3), 301–317.
Pacifici, R., Mastrobattista, L., Minutillo, A., & Mortali, C. (a cura di) (2019). Gioco d’azzardo in Italia: ricerca, formazione e informazione”: risultati di un progetto integrato. Rapporti ISTISAN 19/28.
Regan, M., Smolar, M., Burton, R., Clarke, Z., Sharpe, C., Henn, C., & Marsden, J. (2022). Policies and interventions to reduce harmful gambling: an international Delphi consensus and implementation rating study. The Lancet. Public health, 7(8), e705–e717.
Comments are closed