Parte prima: i criteri diagnostici dei sistemi DSM e ICD

La diagnosi di Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) è solitamente facile e si basa sui criteri del DSM-5 o del nuovo ICD-11. Tuttavia, valutare se i singoli criteri diagnostici siano effettivamente soddisfatti o meno non è una operazione da eseguire superficialmente. Siamo sicuri di valutarli in modo omogeneo a tutti gli altri colleghi? La nostra diagnosi è affidabile? Proviamo a capirlo

Eterogeneità del quadro clinico del DGA

La diagnosi di Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) generalmente non presenta particolari difficoltà. Pesanti fattori di selezione probabilmente portano all’attenzione del clinico quasi unicamente casi eclatanti. Infatti, i pazienti che pervengono ai servizi dipendenze rappresentano una piccola minoranza del ben più nutrito gruppo di giocatori altamente problematici presenti sul territorio. In Veneto, ad esempio, in epoca pre-COVID si stimava che solamente il 5% dei giocatori patologici era in carico agli ambulatori pubblici per il gioco d’azzardo problematico. Vi sono tuttavia situazioni in cui la diagnosi diventa un’operazione delicata che richiede attenzione e capacità di analisi da parte dell’operatore.

La fenomenologia del quadro clinico è composita, includendo elementi derivanti da molteplici aree, tra cui:

  • L’addiction, ovvero il quadro di asservimento che appare rappresenta il nucleo fondamentale di tutte le forme di dipendenza
  • I fenomeni specifici legati alla azione ed effetti dell’oggetto di dipendenza (in questo caso l’azzardo)
  • Gli aspetti temperamentali e di personalità
  • La comorbilità psichiatrica e somatica
  • Gli aspetti relazionali su cui impatta l’azzardo
  • Le conseguenze economiche e sociali

La base per la diagnosi di DGA è costituita dalle prime due aree fenomenologiche, ovvero dai sintomi dell’addiction e quelli specifici correlati allo specifico oggetto di dipendenza.

La diagnosi di DGA si effettua normalmente secondo i criteri del manuale diagnostico statistico americano DSM-5 (e del recente DSM-5 Text Revision (TR), che li conferma), oppure dell’ICD-11. Il primo è il manuale diagnostico, pubblicato nel 2013 curato dalla American Psychiatric Association, che ha coinvolto anche numerosi esperti stranieri, e che nel 2022 ha visto la pubblicazione della versione TR. Il secondo è la classificazione ufficiale e il nomenclatore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, entrato in vigore un anno fa. La diagnosi si fonda unicamente su aspetti cognitivi e comportamentali, non essendoci specifici segni di natura fisiologica, né alcun supporto di tipo strumentale o laboratoristico. Esistono alcuni questionari i cui punteggi, qualora superino una determinata soglia, presentano una elevata correlazione con la diagnosi di DGA e che potrebbero rappresentare un utile supporto per il clinico, soprattutto per standardizzare il procedimento diagnostico. Se ne parlerà nel prossimo articolo.

 I criteri del DSM-5 TR

Vale la pena di ricordare che il DSM è un sistema diagnostico che determina, per ciascun disturbo, una soglia diagnostica che distingue i soggetti patologici da quelli che rimangono sottosoglia in quanto la sintomatologia non è sufficiente a configurare un quadro clinico chiaro. La quantificazione della soglia e la definizione dei criteri derivano dai risultati di studi statistico-clinici specificamente indirizzati a migliorare l’affidabilità diagnostica. In altri termini, a fronte di comportamenti di gioco che si distribuiscono in modo continuo tra livelli normali e livelli decisamente patologici, una soglia statistica separa la patologia da forme di azzardo che, seppur problematiche, non sono tali da poter essere giudicate patologiche in modo affidabile.

Il DGA viene definito dal DSM-5 TR come “un comportamento problematico di gioco d’azzardo persistente o ricorrente che porta a disagio o compromissione clinicamente significativi”, a riprova che per la diagnosi non è sufficiente che il gioco d’azzardo provochi problemi, ma che comporti anche una rilevanza clinica sufficiente. Questo cruciale elemento è dimostrato dalla soddisfazione di almeno 4 criteri sui 9 indicati, in un arco temporale di 12 mesi. Il box seguente riporta i criteri diagnostici.

  1. Ha bisogno, per giocare d’azzardo, di quantità crescenti di denaro per ottenere l’eccitazione desiderata.
  2. È irrequieto/a o irritabile se tenta di ridurre o smettere di giocare d’azzardo.
  3. Ha fatto ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare d’azzardo.
  4. È spesso preoccupato/a dal gioco d’azzardo (per es. ha pensieri persistenti che gli fanno rivivere passate esperienze di gioco d’azzardo, analizzare gli ostacoli e pianificare la prossima avventura, pensare ai modi di ottenere denaro con cui giocare d’azzardo).
  5. Spesso gioca d’azzardo quando si sente a disagio (per es. indifeso/a, colpevole, ansioso/a, depresso/a).
  6. Dopo aver perduto denaro al gioco d’azzardo, spesso torna un’altra volta per ritentare (“rincorrere” le proprie perdite).
  7. Mente per occultare l’entità del coinvolgimento nel gioco d’azzardo
  8. Ha messo in pericolo o perduto una relazione significativa, il lavoro, opportunità di studio e di carriera a causa del gioco d’azzardo
  9. Conta sugli altri per procurare il denaro necessario a risollevare situazioni finanziarie disperate causate dal gioco d’azzardo

Il primo criterio descrive il fenomeno della tolleranza, ben noto in clinica delle dipendenze. Il criterio può ritenersi soddisfatto quando l’operatore può dimostrare una progressione della entità di denaro giocato. Frequentemente il paziente non riconosce di giocare per eccitarsi, né tantomeno riferisce di giocare di più per mantenere l’effetto desiderato. Tale informazione può essere dedotta per via indiretta, confrontando l’entità delle cifre scommesse durante le fasi iniziali dell’abitudine all’azzardo con quelle più recenti. Spesso il paziente dichiara che non vale la pena di andare a giocare se non si dispone di una cifra rilevante. Quando il paziente motiva l’incremento della frequenza e dell’entità delle puntate per tentare di compensare il denaro perduto, allora l’operatore dovrà riferirsi al criterio n. 6 della rincorsa delle perdite.

Il secondo criterio esprime la presenza di sintomi astinenziali. Si tratta ovviamente di sintomi poco specifici, descritti in termini di tensione, irritabilità, desiderio incoercibile (craving), ansia, nervosismo, insonnia. Talora vengono riferiti multiformi sintomi fisici quali cefalea, alterazioni gastrointestinali, diarrea, inappetenza, debolezza, tachicardia o palpitazioni, tremori, crampi o dolori muscolari, difficoltà respiratorie, sudorazioni, brividi e febbre (sic) (Rosenthal & Lesieur, 1991). La maggioranza dei pazienti di solito non riferisce spontaneamente sintomi di disagio astinenziale. Tuttavia, vengono frequentemente riportati pensieri correlati all’astensione, come ad esempio la sensazione di aver perso una occasione di vincere o di ridurre l’entità dei debiti.

Il terzo criterio esprime la perdita del controllo e l’incapacità di interrompere il comportamento di gioco. L’elemento fondamentale del sintomo non è tanto la presenza di un generico desiderio di voler smettere, quanto piuttosto l’aver (inutilmente) avviato una o più strategie/tentativi per controllare il proprio comportamento e interrompere il gioco. È raro che l’operatore si trovi di fronte un giocatore patologico che non abbia mai tentato di ridurre o smettere, seppur temporaneamente. Spesso viene riferito di aver speso più denaro e più tempo di quanto era stato preventivato. Alcuni hanno precedenti periodi di astensione con successive ricadute. Altri hanno alle spalle tentativi falliti di terapia, poco importa se inadeguati o poco incisivi, oppure hanno frequentato alcune riunioni dei Giocatori Anonimi. Altri ancora hanno avviato iniziative di limitazione dell’accesso al denaro o di tutoraggio economico.

Il quarto criterio, la preoccupazione (o l’assorbimento) da parte del gioco d’azzardo, è espressione diretta del coinvolgimento eccessivo in questa attività in termini cognitivi e affettivi. Anche se il tempo effettivo di gioco è relativamente limitato, come ad esempio giocare una schedina del lotto o piazzare una scommessa, tuttavia il giocatore può spendere molto tempo nella pianificazione delle strategie di gioco, nel programmare come procurarsi il denaro, come nascondere le prove ai familiari. Si tratta spesso di pensieri di tipo ossessivo, rimuginazioni continue accompagnate da senso di colpa, ansia, vergogna, o anche da ideazioni suicidarie. Altre volte sono riferite idee paranoidi di nocumento (“prima mi lasciavano vincere, poi hanno truccato il gioco per farmi perdere”) e rivendicazioni continue. La preoccupazione è l’espressione della centralità assunta dall’azzardo nella vita del giocatore. Essa comunque potrebbe talora ridursi o cessare quando il paziente è nell’impossibilità di andare a giocare per assoluta mancanza di denaro o perché il gioco è diventato inaccessibile (ad esempio nel periodo di chiusura dei punti gioco per COVID).

Il quinto criterio, il gioco per fuga, esprime la presenza del rinforzo negativo, ovvero l’effetto di evitamento di stati emotivi negativi. In questi casi è evidente la funzione dell’azzardo come modulatore affettivo. Eventi stressanti, discussioni, pensieri negativi, inconvenienti di varia natura possono indurre il soggetto ad andare a giocare per estraniarsi e non percepire gli affetti disturbanti. Frequentemente, soprattutto nei giocatori di vecchia data, è possibile che i due domini motivazionali, il rinforzo positivo dell’eccitamento e il rinforzo negativo dell’evitamento delle emozioni negative, siano entrambi presenti ed operanti nello stesso soggetto. Le donne sono solitamente motivate dall’evitamento, anche se alcune tra loro possono manifestare maggiormente una chiara ricerca dell’eccitamento e del piacere. La soddisfazione del quinto criterio ha generalmente importanti ricadute nel trattamento.

Il criterio n. 6 è la rincorsa delle perdite ed è pressoché universalmente presente nei giocatori d’azzardo problematici. Spesso è già evidenziabile nei giocatori sottosoglia. Il giocatore rischia di più, sviluppa strategie di gioco più costose, gioca più frequentemente con l’obiettivo dichiarato di recuperare le perdite. In genere sono le perdite recenti, più che quelle complessivamente accumulate, a motivare la rincorsa. Poiché questo comportamento porta a perdite sempre più significative, innesca un vero e proprio circolo vizioso dalle conseguenze catastrofiche.

Il settimo criterio riguarda le menzogne, comportamento molto frequente tra i giocatori problematici. Le menzogne sono finalizzate soprattutto a dissimulare ai familiari e/o al terapeuta le giocate, l’entità delle perdite, i debiti e le richieste di prestiti. Pressoché infinita è la varietà di coperture e negazioni che un giocatore mette in campo allo scopo di evitare problemi e conflitti. Il DSM-5 TR fa esplicitamente rientrare in questo criterio anche le negazioni e coperture dei comportamenti francamente illegali come la falsificazione, la frode, il furto o l’appropriazione indebita (APA, 2022, pag. 663). Pertanto gli atti illegali, che costituivano un vecchio criterio diagnostico eliminato dal DSM-5, in realtà potrebbero rientrare all’interno di questo. A maggior ragione, inoltre, andrebbero incluse le coperture e negazioni di comportamenti illeciti o moralmente riprovevoli in ambito familiare o lavorativo, pur se privi di conseguenze penali. Vale la pena di sottolineare infine che spesso le menzogne sottendono intensi sentimenti di vergogna e colpa, i quali a loro volta potrebbero avere un impatto sulla adesione al trattamento, sul rischio di ricadute e sulla ideazione suicidaria.

Il criterio n. 8 è relativo al rischio di perdere relazioni e opportunità come conseguenza del gioco d’azzardo eccessivo. Il giocatore patologico spesso manca di far fronte ai propri impegni e responsabilità, tende a isolarsi dalle amicizie e dal contesto sociale di appartenenza, può diventare aggressivo con i familiari e con estranei, mostrare alterazioni della reattività emotiva e del carattere. Tutto ciò tende a mettere seriamente in pericolo le relazioni familiari, sociali e lavorative del giocatore. Il criterio può essere considerato positivo quando il coniuge abbia effettuato passi concreti verso la rottura, o almeno abbia seriamente considerato la possibilità di farlo. Sul piano lavorativo vanno considerati attentamente anche semplici richiami o minacce di licenziamento in quanto si può presupporre che essi possano essere passi preliminari, talvolta previsti dalla legge, per arrivare all’effettivo allontanamento dal posto di lavoro. La dimensione temporale è importante nella valutazione di questo criterio. Infatti, la messa a rischio o perdita di relazioni e opportunità deve essere attuale (ultimi 12 mesi), o quantomeno ancora attuale è la sua rilevanza nella vita del giocatore, anche in termini di conseguenze.

Il nono e ultimo criterio si riferisce alle dirette conseguenze economiche del gioco eccessivo. Il giocatore patologico molto spesso ricorre all’aiuto economico di terzi allo scopo di tamponare una situazione economica difficile. Il reddito di chi gioca non è più sufficiente per far fronte alle attività di gioco e alle spese correnti della casa e della famiglia. La richiesta di prestiti coinvolge frequentemente più soggetti, sia istituzionali (banche, agenzie specifiche) che persone (familiari o conoscenti). È noto inoltre il ricorso a prestiti ad usura che solitamente vengono taciuti dal giocatore. Anche in questo caso è importante il fattore temporale: le difficoltà economiche e le richieste di prestiti devono essere attuali (ultimi 12 mesi) o comunque attuali devono essere le loro conseguenze. Spetterà al clinico di valutare attentamente se e in che misura il paziente è ancora coinvolto nelle conseguenze di pregresse richieste di prestiti.

Episodio maniacale e terapie dopaminergiche

Il DSM-5 TR esclude la diagnosi di DGA nel caso in cui il comportamento sia meglio interpretabile della presenza di un episodio maniacale. Il gioco eccessivo, infatti, talora può rappresentare una delle espressioni fenomenologiche della ben nota prodigalità e impulsività presente negli stati di euforia morbosa. Tuttavia, le due diagnosi possono essere associate quando è possibile dimostrare che un quadro di DGA è presente anche al di fuori dell’episodio maniacale, ad esempio quando il gioco problematico persiste anche una volta superata la fase euforica.

Importante, il nuovo DSM-5 TR ammette la diagnosi di DGA anche quando il paziente sia in trattamento farmacologico con dopaminergici (ad es. antiparkinsoniano). In ciò si discosta dal precedente DSM-5 (e dall’ICD-11, come vedremo tra poco) che, al contrario, negava la diagnosi nel caso in cui la riduzione o cessazione della terapia dopaminergica avesse comportato la cessazione del gioco eccessivo.

I criteri dell’ICD-11

Il primo gennaio 2022 è entrato in vigore l’undicesima edizione dell’ICD-International Classification of Diseases. L’ICD, a differenza del DSM, non è un sistema diagnostico, bensì un nomenclatore/classificatore che ha lo scopo di uniformare a livello internazionale le codifiche e le denominazioni di malattie e cause di morte. Tuttavia, per quanto riguarda i disturbi mentali e comportamentali, già con la decima edizione erano state aggiunte delle descrizioni cliniche e indicazioni per la diagnosi. L’ICD-11 conferma questa scelta mirante a migliorare l’accordo diagnostico tra i clinici a livello internazionale. 

Va detto che i criteri ICD-11 non sono così stringenti come nel DSM, pur essendo richiesta la presenza di alcune caratteristiche essenziali. Se da un lato l’affidabilità della diagnosi è massima quando tutte le descrizioni diagnostiche i criteri sono soddisfatti, dall’altro è lasciata al clinico la scelta se porre diagnosi anche a fronte di un quadro che li soddisfa in modo parziale.

Il box qui sotto riporta le caratteristiche essenziali richieste per la diagnosi di DGA, secondo l’ICD-11.

  • Un persistente quadro comportamentale di gioco d’azzardo, che può essere primariamente online oppure offline, che presenta tutti i seguenti:
    • Compromissione del controllo del comportamento di gioco (ad es. avvio, frequenza, intensità, durata, cessazione, contesto)
    • Aumentata priorità data al comportamento di gioco, tanto da assumere la precedenza rispetto ad altri interessi e attività quotidiane
    • Il gioco d’azzardo è continuato o si incrementa a dispetto delle conseguenze negative (conflitti familiari, perdite finanziarie sostanziali, impatto negativo sulla salute).
  • Il quadro di gioco d’azzardo può essere continuo o ricorrente, ma si manifesta per un periodo esteso (ad es. 12 mesi). Il gioco d’azzardo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale (ad es. un episodio maniacale) e non è dovuto agli effetti di una sostanza o di un farmaco.
  • Il comportamento di gioco d’azzardo causa disagio o una compromissione significativa del funzionamento personale, familiare, sociale, scolastico, lavorativo, o altre importanti aree.

Similmente al DSM-5 TR, anche l’ICD-11 sottolinea l’importanza di poter dimostrare che il gioco d’azzardo ha causato compromissione in aree importanti di funzionamento e disagio per un periodo prolungato. Tre caratteristiche del comportamento di gioco devono essere tutte presenti per dimostrare la condizione di addiction: la perdita del controllo, l’aumentata salienza, e il persistere del gioco nonostante le conseguenze negative.

Nel caso in cui la sintomatologia sia grave, è possibile diagnosticare il DGA anche se il quadro clinico dura da meno di 12 mesi. L’ICD-11 inoltre fornisce un elenco di sintomi comportamentali e cognitivi, nonché di patologie comorbili, che sono spesso presenti e che caratterizzano il composito quadro sindromico del DGA.

Importante, l’ICD-11 non considera diagnosticabile il DGA quando il gioco problematico sia strettamente correlato all’uso di farmaci o sostanze dopaminergiche, ciò in coerenza con il DSM-5, ma non con la più recente versione TR.

Infine, ma non meno importante, è la possibilità data dall’ICD-11 di differenziare il gioco prevalentemente online da quello prevalentemente offline, ovvero il gioco fisico, territoriale. Alcune ricerche sembrerebbero indicare che il gioco online puro avrebbe caratteristiche di gravità e prognostiche migliori rispetto al gioco con modalità mista e al gioco solo offline. Purtroppo, la sottotipizzazione dell’ICD non consente di isolare i giocatori online puri da quelli misti. In ogni caso per l’operatore potrebbe essere utile raccogliere e registrare questo dato.

Conclusioni

Diagnosticare il DGA non è generalmente difficile, tuttavia in certe circostanze potrebbe rappresentare un compito delicato, ad esempio quando il paziente non è collaborativo e vi sono manifeste motivazioni a minimizzare o, al contrario, amplificare i comportamenti. È opportuno che l’operatore faccia sempre riferimento a criteri diagnostici espliciti e condivisi: che siano scelti quelli del DSM o dell’ICD è meno importante. In ogni caso è necessario che il clinico li conosca entrambi e che sappia coglierne le differenze. La diagnosi di DGA che, ricordiamolo, è di competenza del medico o dello psicologo, va formalizzata negli appositi registri. Inoltre, andrebbero formalizzati anche i criteri diagnostici soddisfatti. Nel DSM-5 TR, infatti, il numero di criteri è uno specificatore di gravità, ma questo sarà trattato più dettagliatamente altrove.

Il supporto alla diagnosi da parte di questionari e scale di valutazione sarà discusso in un prossimo articolo, unitamente agli specificatori e alla diagnosi differenziale  

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