Parte seconda: specificazioni diagnostiche, test e diagnosi differenziale

Nella prima parte abbiamo presentato e discusso i criteri del DSM-5 e dell’ICD-11 per la diagnosi di Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA). Ora completiamo il tema discutendo gli specificatori diagnostici, l’uso di scale di valutazione a fini diagnostici e infine la diagnosi differenziale. Sebbene riconoscere il DGA sia una operazione generalmente facile, in alcune situazioni il clinico potrebbe trovarsi in difficoltà ed è bene che abbia dimestichezza con i principali elementi che consentono di supportarlo nel processo diagnostico.

Le Specificazioni diagnostiche del DSM-5 TR

La diagnosi di DGA secondo il DSM-5 comprende tre distinte specificazioni che hanno la funzione di completare e meglio definire il profilo clinico del soggetto. Le specificazioni riguardano l’andamento temporale del decorso clinico, la gravità, e il livello di remissione clinica. Generalmente nella prassi clinica le specificazioni non vengono codificate formalmente, tuttavia, vista la loro rilevanza, potrebbe essere considerata l’opportunità di registrarle nella cartella clinica.

Specificatore di decorso

Analogamente ad altri quadri di dipendenza patologica, anche il DGA può mostrare un decorso continuo oppure episodico. Nel primo caso i sintomi di DGA persistono per tempi lunghi (anni) in modo continuativo, seppur con variabilità, ma senza interruzioni o sospensioni. Nel decorso episodico, al contrario, sono dimostrabili intervalli di almeno diversi mesi in cui il soggetto non ha giocato o quantomeno lo ha fatto in modo non eccessivo, con conseguente assenza di comportamenti sintomatici.

Lo specificatore di decorso è utile a fini prognostici. Il DSM-5 tuttavia non distingue i periodi di remissione sintomatologica sulla base delle cause che li hanno determinati. È noto che alcuni soggetti giocano eccessivamente come risposta a eventi stressanti, problemi personali o familiari, alterazioni del tono dell’umore sia in senso depressivo che euforico. La sospensione del gioco eccessivo può dipendere da fattori interni e portare a una remissione spontanea, ma anche da fattori esterni, ad esempio impossibilità di accedere al denaro, pressione da parte della famiglia, difficoltà ad accedere al gioco (si consideri quanto accaduto nel periodo di lockdown nella pandemia COVID), riorganizzazione dello stile di vita o delle relazioni.

L’operatore dovrà tenere presente e valutare con il paziente i fattori implicati sia nell’avvio che nella sospensione degli episodi di gioco. Va soppesato il rischio di ricaduta che, tipicamente, viene sottovalutato o completamente negato da parte del soggetto. Per il giocatore patologico, ogni remissione, pur se oggettivamente di breve durata, è definitiva e per sempre, anche a fronte di precedenti episodi di ricaduta.

Specificatore di gravità

La definizione del livello di gravità rappresenta un compito molto complesso. Non esiste una definizione standard di gravità. Inoltre è ben noto che il quadro clinico del DGA integra problematiche attinenti ad aree vitali differenti. Oltre ai fenomeni connessi al quadro di addiction da gioco d’azzardo, si potrebbero considerare le condizioni psicopatologiche, gli aspetti di personalità e del temperamento, le conseguenze economiche, relazionali e sociali del gioco eccessivo. Il DSM-5 si limita specificamente alla sfera dei sintomi clinici che determinano la diagnosi. L’operatore potrebbe pensare, a ragione, che la diagnosi nosografica rappresenti una eccessiva semplificazione del quadro complessivo multidimensionale. Tuttavia, la definizione della gravità in un’ottica multidimensionale richiederebbe innanzi tutto di circoscrivere le variabili da considerare. Andrebbero quindi individuati adeguati strumenti di misura per la loro quantificazione. Se da un lato il DSM-5 propone una definizione di gravità per molti versi semplicistica, dall’altro essa ha l’indubbia qualità di essere pratica e immediatamente operativa. È infatti il semplice numero di sintomi presenti a determinarne il livello: lieve, in presenza di 4-5 criteri; moderato, in presenza di 6-7 criteri; grave quando i criteri soddisfatti sono 8 o 9.

Specificatore di remissione

Il DSM-5 ha avuto l’indubbio merito di proporre parametri espliciti per la definizione della remissione sintomatologica. Molti quadri clinici di dipendenza patologica mostrano un andamento intermittente, con periodi di assenza di sintomi, ma con una elevata probabilità di ricaduta. Le ricadute rendono difficile per l’operatore stabilire quando è opportuno avviare una fase di trattamento meno intensivo, quando programmare le dimissioni, quanto a lungo protrarre una osservazione post-terapia.

Per affrontare tali problemi, il DSM-5 offre le seguenti indicazioni: una remissione precoce richiede almeno 3 mesi, e fino a 12 mesi, di assenza completa di sintomi (da intendersi come assenza di criteri soddisfatti). Al superamento di un anno di assenza di sintomi il giocatore può definirsi in remissione protratta.

Naturalmente la definizione di remissione non è equivalente ad una valutazione del rischio di ricaduta, che richiede una attenta analisi da parte del clinico. In ogni caso è molto importante poterla formalizzare attraverso criteri standardizzati, anche per finalità di certificazione medico-legale.

I questionari cosiddetti diagnostici

Esistono diverse scale di valutazione utili come supporto diagnostico. Benché spesso le si attribuisca l’aggettivazione “diagnostiche”, in realtà la diagnosi di Disturbo da Gioco d’Azzardo non può basarsi unicamente su di esse. Come già chiarito nella prima parte, la formulazione di una diagnosi nosografica può essere talora facile, ma nascondere insidie che richiedono una valutazione attenta. Inoltre va ricordato che il giocatore non è l’unica fonte informativa a disposizione dell’operatore.

Sul piano strutturale, possiamo individuare due tipologie di questionati diagnostici: 1) questionari i cui item sono basati direttamente sui criteri DSM; 2) questionari i cui item in tutto o in parte sono indirizzati ad esplorare (anche) elementi del quadro clinico diversi dai criteri DSM (ad esempio, frequenza di gioco, entità della spesa, conseguenze negative del gioco). Inoltre, sul piano funzionale, le scale diagnostiche possono essere distinte in: a) scale di screening; b) scale ad uso clinico.

Questionari basati sul DSM

Ricordiamo innanzi tutto che il DSM-5 ha sostanzialmente mantenuto gli stessi criteri della precedente quarta edizione, benché ne abbia modificato la formulazione per una maggior chiarezza. Unica eccezione è l’eliminazione del criterio relativo agli atti illegali, che è stato ritenuto privo di significativa utilità per il raggiungimento della soglia diagnostica. Alcune ricerche hanno infatti dimostrato gli atti illegali azzardo correlati rappresentano un comportamento che compare nei soggetti più gravi in cui sono già presenti tutti o quasi i sintomi previsti dal DSM-5. Il mantenimento dei criteri diagnostici nel DSM-5 comporta che i questionari validati sul DSM-IV (cioè quasi tutti) conservino la loro utilità anche oggi. Restando sul piano clinico pratico (al di fuori quindi dell’ambito di rigorosa ricerca scientifica), è pertanto possibile utilizzare i questionari in due modalità: somministrando la formulazione originale in 10 criteri con un cut-off di 5 (DSM-IV), oppure eliminando il/gli item relativi agli atti illegali e utilizzare il cut-off di 4.

La scala NODS, National Opinion Research Center DSM-IV Screen, è probabilmente la più nota scala di valutazione basata direttamente sui criteri DSM-IV. Ha la caratteristica di indagare alcuni criteri complessi per mezzo di più item, ragion per cui ha una struttura composta da 17 item, pur restituendo un punto per ogni criterio soddisfatto con un cut-off di 5 punti. Inoltre alcuni criteri prevedono una soglia quantitativa per essere considerati soddisfatti. Ad esempio, il criterio sulle menzogne viene ritenuto soddisfatto se il giocatore ha mentito almeno tre volte. Poiché il DSM-5 ha stabilito il limite temporale dei 12 mesi nel corso dei quali evidenziare la presenza dei criteri, andrà utilizzata unicamente la corrispondente versione del questionario ed esclusa quella lifetime.

Il GDSQ, Gambling Disorder Screening Questionnaire, è stato sviluppato in Italia e consta di 10 item che rispecchiano fedelmente i dieci criteri DSM-IV. Il GDSQ ha comunque dimostrato la propria validità anche nella versione a 9 item del DSM-5, per cui potrà essere utilizzato in entrambe le versioni. Altre scale per la rilevazione dei criteri DSM-IV sono state sviluppate da Beaudoin e Cox (1999) e da Fisher (2000) e sono reperibili nella Guida Ragionata agli Strumenti Diagnostici curata da Carlevaro e Capitanucci.

Questionari diagnostici non strettamente basati sui criteri DSM

SOGS e PGSI sono certamente tra i più noti e utilizzati questionari sul DGA. Il SOGS, South Oaks Gambling Screen, è stato sviluppato e pubblicato da Lesieur e Blume nell’ormai lontano 1987 ed è tuttora di grande utilità. Ha dimostrato la propria validità anche nei confronti dei criteri dell’ultimo DSM-5.  Gli item sono stati sviluppati sia a partire dalla descrizione del Gioco Patologico nel DSM-III (1980), sia attraverso interviste con giocatori, familiari e counselor. La formulazione degli item si è quindi distaccata dai sette criteri previsti nel DSM-III, e il punteggio cut-off si è attestato sui 5 punti anziché i 3 previsti dal DSM-III.

Anche il PGSI, Problem Gambling Severity Index, viene molto utilizzato soprattutto nel campo delle ricerche epidemiologiche. Il PGSI è la sezione quantitativa della intervista strutturata Canadian Problem Gambling Index, e restituisce un punteggio utile a determinare la presenza di gioco d’azzardo problematico grave. I suoi 9 item esplorano comportamenti, cognizioni e conseguenze negative.

Pertanto, mentre i questionari basati sul DSM esprimono direttamente la presenza e il numero di criteri soddisfatti, gli altri si basano indirettamente sulla sostanziale correlazione tra un punteggio uguale o superiore al cut-off e la presenza di DGA determinata mediante un gold standard, generalmente rappresentato dai criteri DSM.

Il GDIT, Gambling Disorder Identification Test, è stato sviluppato più di recente e consta di 14 item relativi a 3 domini: comportamento di gioco, sintomi di DGA, conseguenze negative azzardo correlate. Il lavoro preparatorio di selezione degli item ha coinvolto un team di esperti internazionali. La validità della scala ha utilizzato come golden standard la diagnosi DSM ricavata attraverso la intervista Structured Clinical Interview for Gambling Disorder-SCI-GD e, secondariamente, i livelli di problematicità misurati con il PGSI. I punteggi cut-off proposti consentono pertanto non solo l’individuazione di soggetti con DGA ma anche la determinazione di livelli di gravità sia nei soggetti diagnosticati che in quelli sottosoglia.

La scelta dei questionari va determinata sulla base della finalità per cui sono stati creati e validati. Alcune scale, quali ad esempio il PGSI e il NODS, infatti sono nate per lo screening nella popolazione generale o sottogruppi di essa. Altre, ad esempio il SOGS e il GDSQ, sono stati utilizzati soprattutto in ambito clinico. Benché per il SOGS esistano anche ampie esperienze di ricerca epidemiologica, esso non sembra funzionare bene in questo ambito. E ancora, se da un lato il PGSI appare molto utile in campo epidemiologico, non è chiaro se nella clinica sia in grado di discriminare gravità di livello differente in giocatori patologici. Ciò consiglia pertanto cautela nella scelta degli strumenti di misura, non essendo scontato che il buon funzionamento in un ambito garantisca lo stesso livello di affidabilità in un altro. Il NODS comunque sembra utile anche nella clinica, mentre l’utilizzo del GDIT viene proposto sia in ambito clinico che epidemiologico, pur se al momento mancano conferme empiriche.

Quindi, in definitiva, perché usare questionari diagnostici quando la diagnosi viene formulata attraverso una intervista per il riconoscimento dei criteri DSM? Potremmo ipotizzare almeno due motivi: in primo luogo un questionario compilato dal paziente potrebbe rappresentare un buon punto di partenza per una intervista di approfondimento. Il secondo motivo potrebbe essere la determinazione del livello di gravità sintomatologica: il punteggio del SOGS o del GDIT, infatti, potrebbe affiancare efficacemente il mero conteggio dei criteri DSM, offrendo una articolazione più ampia rispetto alle semplici tre fasce della specificazione di gravità del DSM-5. E ciò può tornare utile sia in sede di assessment in entrata, sia nel monitoraggio delle fasi successive di presa in carico e di conclusione di trattamento.

La diagnosi differenziale del DGA

Generalmente, sul piano della diagnosi differenziale si possono individuare due problemi clinici principali.

In primo luogo, nel caso si sia di fronte ad un episodio maniacale o ipomaniacale, va stabilito se la diagnosi di DGA possa essere posta o meno. Il DSM-5 stabilisce che la diagnosi di DGA è esclusa quando il comportamento patologico di gioco d’azzardo è parte integrante della sintomatologia maniacale, cioè è frutto diretto della perdita di critica e della prodigalità patologica del soggetto ipertimico. In tali circostanze l’azzardo patologico è presente unicamente durante le fasi (ipo)maniacali, mentre è totalmente assente al di fuori di esse. Al di fuori di questa eventualità, la diagnosi di DGA viene mantenuta, in associazione con quella di disturbo bipolare.

Diagnosi differenziale va altresì posta relativamente all’azzardo professionistico o comunque non patologico. Generalmente il giocatore professionista manifesta un comportamento incentrato sulla disciplina e un approccio razionale al rischio, ponendosi limiti precisi e sostenibili. Talora il giocatore professionista può avere periodi con perdite economiche rilevanti e rincorsa delle perdite. Tuttavia sono assenti la perdita del controllo, il craving e tali episodi sono limitati nel tempo. Senza contare che generalmente il giocatore professionista manifesta un più elevato livello di funzionamento psicosociale, non è impulsivo e la comorbilità psichiatrica è meno probabile (Weinstock et al., 2013). Anche il giocatore d’azzardo non professionale non va diagnosticato come patologico sulla base delle semplici perdite economiche se risultano assenti i tipici sintomi del DGA, ad esempio la perduta del controllo, la rincorsa delle perdite, l’assorbimento da parte dell’azzardo. Nel giocatore sociale o professionale le perdite sono previste, limitate e accettate. D’altro canto il giocare d’azzardo può essere di grande disturbo e disappunto per i familiari, che possono quindi richiedere una consulenza al servizio. In questi casi l’utilizzo di questionari diagnostici può aiutare a discriminare i casi dubbi.

Un ulteriore problema può nascere di fronte ad un soggetto che nega completamente qualsiasi coinvolgimento patologico nell’azzardo e in cui i questionari restituiscono invariabilmente un punteggio di zero. In questi casi l’intervista con i familiari può aiutare a comprendere se un problema azzardo correlato esista effettivamente o meno, pur se rimane comunque la questione di gestire una condizione di negazione e precontemplazione.

Conclusioni

Gli operatori delle dipendenze sono addestrati a valutare i consumatori eccessivi in modo multidimensionale, costruendo profili di problematicità e di bisogni di salute individualizzati. La diagnosi nosografica è parte integrante della diagnosi multidimensionale e va senza dubbio formalizzata. In ogni caso l’intervento terapeutico va garantito anche in presenza di una problematicità di livello inferiore alla soglia diagnostica. A rigore si potrebbe parlare in questi casi di prevenzione terziaria. In ogni caso va ricordato che la soglia diagnostica è una entità artificiale, una convenzione, mentre in natura abbiamo a che fare soprattutto con uno spettro continuo di comportamenti.

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