Terza parte – La costruzione del programma terapeutico
Il programma di trattamento di un soggetto con dipendenza dovrebbe rispondere ad alcuni requisiti di base (NIDA, 2012):
- Essere prontamente disponibile
- Essere personalizzato sulla base del profilo del paziente e dei fattori di rischio
- Essere indirizzato ai bisogni di salute complessivi della persona e non solo alla dipendenza
- Comprendere il trattamento delle comorbilità
- Essere via via adattato alle nuove esigenze e bisogni emergenti
- Avere una durata adeguata al raggiungimento e consolidamento degli obiettivi.
Possiamo inoltre aggiungere che il programma terapeutico sarà generalmente caratterizzato da interventi pluriprofessionali e di rete che coinvolgono più operatori, più servizi sociosanitari e risorse del territorio. Il case manager dell’ambulatorio per il Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) avrà quindi il compito di tenere le fila e garantire, per quanto possibile, il coordinamento delle varie azioni e il corretto passaggio delle informazioni. Va infine ricordata la necessaria negoziazione con il paziente e la famiglia al fine di ottenerne l’adesione.
La valutazione multidimensionale
Sul piano operativo l’operatore dovrà necessariamente condurre una esplorazione attenta del profilo del paziente in modo tale da individuare i fattori di rischio e i bisogni di salute in termini multidimensionali. Nel primo articolo dedicato al Modello Patogenetico (MP) di Blaszczynski e Nower (2002) era stato sottolineato che i giocatori problematici si caratterizzano per l’eterogeneità dovuta al vario articolarsi di fattori di natura bio-psicosociale che giocano un ruolo rilevante nella patogenesi, nelle manifestazioni del disturbo, nella loro gravità, nelle conseguenze e nella risposta al trattamento.
Le tre tipologie del MP sono in grado di operare una sintesi di molti fattori, ma non di tutti. Ad esempio fattori socioanagrafici come il sesso e l’età giocano ruoli importanti a prescindere dalla tipologia di appartenenza. Appare sempre più chiaro che le giocatrici problematiche presentano differenze significative rispetto ai giocatori maschi (Bowden-Jones e Prever, 2017) che richiedono di essere studiate più di quanto non sia stato fatto finora. Anche l’azzardo nelle età estreme necessita di approcci differenziati per la presenza di fenomeni peculiari. Ad esempio il trattamento di giocatori giovanissimi appare complicato non solo perché usualmente appartengono al tipo III, ma anche perché si innestano problematicità, dinamiche e conflitti tipici dell’età adolescenziale.
Anche le conseguenze socioeconomiche dell’azzardo eccessivo, quali ad esempio il grado di indebitamento, eventuali problemi lavorativi o legali, incidono sul quadro clinico e sul trattamento.
Fattori culturali e l’appartenenza a gruppi etnici diversi possono condizionare le modalità di espressione della domanda di cura e l’adesione al trattamento. In alcuni casi, differenti tradizioni e consuetudini potrebbero condizionare i rapporti con il terapeuta e le relazioni tra familiari.
I fattori relazionali sono fondamentali e meriterebbero una trattazione approfondita: qui ci limitiamo all’osservazione che la presenza di supporto familiare favorisce l’esito positivo del trattamento.
Fattori legati alla comorbilità non solo psichiatrica, ma anche somatica, vanno valutati accuratamente. Nel caso di malattia di Parkinson, le terapie dopaminergiche possono indurre comportamenti compulsivi gravi e talora multipli. Attenzione va posta anche nei trattamenti con Aripiprazolo.
Lasciamo per ultimi i fattori connessi al tipo di gioco giocato. Diverse ricerche stanno tentando di definire meglio se i giocatori possano essere differenziati anche per tipologia di gioco, quali elementi clinici appaiano peculiari all’uno o all’altro, e se debbano essere trattati in modo differenziato (Ronzitti et al., 2018). Tutti questi fattori andranno indagati accuratamente nel processo di valutazione che dovrà portare a definire non solo la tipologia di appartenenza del giocatore, ma anche il profilo complessivo dei fattori di rischio, dei bisogni e delle risorse (Bellio & Fiorin, 2015a).
Strumenti terapeutici trasversali e specifici
Uno dei principi evidence-based nel trattamento delle addiction prevede l’uso di combinazioni variabili di prestazioni e strumenti terapeutici (NIDA, 2012). Il bagaglio tecnico-professionale degli operatori dei servizi dipendenze è ricco e flessibile: la pluralità delle professionalità presenti e delle specifiche culture tecniche sono spesso più ampie e solide di quanto gli stessi operatori non credano. Nella clinica delle dipendenze è possibile distinguere le manifestazioni proprie dello stato di addiction, sostanzialmente uguali in ogni forma di dipendenza, e i fenomeni caratteristici dell’oggetto di consumo (alcol, eroina, gioco d’azzardo, eccetera). Parallelamente, è possibile distinguere gli interventi indirizzati al trattamento dell’addiction e quelli più specifici che mirano alle manifestazioni proprie del tipo di consumo. Ad esempio interventi motivazionali, interventi psicoeducativi, la prevenzione delle ricadute, gli interventi di fronteggiamento del craving, sono applicabili in ogni forma di addiction. Viceversa, strumenti quali il metadone, il trattamento delle distorsioni cognitive del giocatore, la vareniclina, i club alcologici territoriali, sono utili in specifiche forme di dipendenza. Pertanto, il repertorio di strumenti terapeutici utili nel disturbo da gioco d’azzardo sarà costituito dagli interventi per l’addiction più quelli specifici per il gioco d’azzardo.
(Corollario a quanto appena detto è che un operatore delle dipendenze non è mai sguarnito di fronte ad un quadro di addiction nuovo e inusuale).
Il contributo del Modello Patogenetico nella scelta degli strumenti terapeutici
Classificare correttamente un giocatore in una delle tre tipologie del MP consente di orientare la scelta degli strumenti terapeutici. Infatti, le caratteristiche distintive e salienti dei tre tipi di giocatori offrono all’operatore una guida generale al ragionamento clinico sugli obiettivi terapeutici e i probabili problemi da affrontare. La scelta degli specifici strumenti terapeutici andrà poi perfezionata sulla base del profilo complessivo e delle caratteristiche del caso. Nei paragrafi successivi verranno indicati alcuni strumenti terapeutici utili nei giocatori appartenenti a ciascuna delle tre tipologie. I suggerimenti hanno un valore puramente esemplificativo e di orientamento per l’operatore responsabile del caso; ad essi andranno aggiunti gli interventi di rete eventualmente necessari.
Il giocatore di tipo I – condizionato nel comportamento – spesso non ha necessità di affrontare trattamenti lunghi e impegnativi. Talora è sufficiente un sostegno e la messa a punto di decisioni che la famiglia ha già preso, come ad esempio la limitazione dell’accesso al denaro. Colloqui di supporto e psicoeducazione potrebbero essere adeguati in molti casi. Esistono manuali di trattamento breve (Bellio & Fiorin, 2015b) e relative guide operative per il terapeuta (Fiorin & Gaddi, 2015) che trovano ideale applicazione proprio nei giocatori meno gravi del primo tipo. Parimenti, esistono manuali operativi indirizzati alla corretta gestione finanziaria (Fiorin, Fraccaro & Giacomazzi, 2015). Il loro utilizzo, seppur non esclusivo per i pazienti tipo I, trova in essi il target ideale. La prevenzione delle ricadute e il trattamento delle distorsioni cognitive, per mezzo di interventi di tipo psicoeducativo o di psicoterapia cognitiva, sono altresì raccomandabili.
Rinforzo motivazionale | Trattamento delle distorsioni cognitive |
Limitazione accesso al denaro | Prevenzione delle ricadute |
Psicoeducazione individuale e familiare | Counselling finanziario |
Trattamento manualizzato breve |
Il giocatore di tipo II – vulnerabile emotivamente – presenta problematiche a livello affettivo che non solo non possono essere ignorate, ma che potrebbero rappresentare in alcuni casi il nucleo fondamentale del trattamento. Pertanto, a interventi di rinforzo motivazionale e alla limitazione dell’accesso al denaro, andranno associati interventi di supporto psicologico o una psicoterapia strutturata. I farmaci per la comorbilità sono solitamente un importante ausilio, e così pure gli interventi sulle life skill e le abilità sociali (Fraccaro, Ferraro & Fiorin, 2015).
Un percorso dedicato alla prevenzione delle ricadute trova qui una importante indicazione: mentre per i giocatori del I tipo potrebbero essere sufficienti alcune sedute nell’ambito di un intervento psicoeducativo più comprensivo, nel giocatore emotivamente vulnerabile potrebbe essere maggiormente utile un ciclo più strutturato.
Parimenti indicata è la psicoterapia delle distorsioni cognitive. Nonostante sia una terapia evidence-based, essa non appare sufficiente in molti casi a garantire una adeguata prevenzione delle ricadute. Infatti, a causa del cosiddetto doppio switch (Sévigny & Ladouceur, 2003), il paziente soggetto ad un forte richiamo da parte dell’azzardo potrebbe slittare da un pensiero razionale ad un comportamento irrazionale, per poi tornare nuovamente al pensiero razionale.
Quando la famiglia è presente e collaborante, generalmente ha necessità di essere sostenuta, a volte con un percorso autonomo e parallelo.
Il percorso terapeutico del giocatore del tipo II è solitamente a lungo termine e può richiedere periodi di frequenza più assidua del servizio. È sempre da tener presente l’opzione di associare il trattamento alla frequenza di gruppi di autoaiuto.
Rinforzo motivazionale | Prevenzione delle ricadute |
Limitazione accesso al denaro | Trattamento delle distorsioni cognitive |
Psicoterapia supportiva o altra psicoterapia dinamica | Rinforzo delle life /social skills |
Farmacoterapia della comorbilità psichiatrica e/o del DGA | Gestione tempo libero |
Interventi familiari | Counselling finanziario |
Psicoeducazione individuale e familiare | Gruppi di auto-mutuoaiuto |
Il giocatore di tipo III – impulsivo antisociale – è difficile da agganciare e da mantenere in carico senza una forte pressione esterna, familiare o meno. In ogni caso il percorso terapeutico potrebbe contare numerose ricadute, sospensioni temporanee, scarsa adesione alle indicazioni comportamentali. Questi pazienti appaiono molto deficitari nelle loro funzioni relazionali e sociali.
Quadri di multiproblematicità sono comuni e così pure l’uso di alcol, sostanze e/o la comorbilità psichiatrica. Il lavoro motivazionale è importante, soprattutto in termini negoziali, alla ricerca della condivisione di obiettivi parziali e limitativi del danno. Importanti in molti casi gli interventi prettamente riabilitativi e di reinserimento sociale e lavorativo. In questo quadro grave e poco responsivo ai trattamenti, il supporto alla famiglia diventa essenziale.
La farmacoterapia dell’impulsività e della comorbilità trova indicazione, pur se è necessario tener conto della scarsa continuità che questi pazienti sono in grado di garantire.
Teoricamente il trattamento del paziente impulsivo antisociale dovrebbe essere inteso come un percorso a lungo termine, ma probabilmente sarà costellato da interruzioni e riprese di contatto. Nel caso di persone spiccatamente impulsive, ma con adeguati livelli di funzionamento personale, potrebbe essere possibile una prognosi migliore, sempre che la compliance sia adeguata.
Supporto motivazionale | Supporto familiare |
Limitazione accesso al denaro | Programmi di reinserimento sociale e lavorativo |
Farmacoterapia dell’impulsività | Supporto alla gestione del tempo libero |
Farmacoterapia della comorbilità psichiatrica e/o del DGA | Counselling finanziario (per familiari) |
Psicoeducazione (per familiari) | Gruppi di auto-mutuoaiuto |
Il programma terapeutico e la rete dei servizi
In questa sede ci limitiamo a pochi cenni su un argomento che meriterebbe una trattazione più estesa e approfondita. Come accade nelle altre dipendenze, anche nel DGA i problemi correlati spesso debordano dall’ambito psicopatologico e sanitario. Il giocatore eccessivo e la sua famiglia vanno incontro a conseguenze negative in ambiti differenti: economico, legale, fiscale, lavorativo, relazioni sociali, eccetera. La gravità delle conseguenze può essere variabile e talora potrebbe coinvolgere molte persone anche al di fuori del nucleo familiare. Si pensi ad esempio al titolare di impresa artigianale che dà lavoro a una decina di operai e che sottrae denaro all’azienda mettendone in pericolo la stessa sopravvivenza. Pur non essendo di stretta pertinenza sanitaria, l’operatore dei servizi non può ignorare problematiche di tal portata, soprattutto quando si trova a dare informazioni, indicazioni comportamentali e raccomandazioni al paziente e alla famiglia.
Poiché la complessità del mondo e dell’esistenza non può essere esclusa dal setting terapeutico, compito del terapeuta è di tenere le fila di quanto succede all’esterno del proprio servizio, per quanto possibile. Ammesso, ma non concesso, che i rapporti tra differenti unità operative sanitarie siano più facilmente gestibili, è ovvio pensare che altri professionisti e servizi esterni perseguano obiettivi non necessariamente in linea con quelli terapeutici: l’operatore dovrà tuttavia cercare di attivare canali comunicativi, pur nella consapevolezza che non ha né poteri, né dirette responsabilità di governo del sistema nel suo complesso. Ciò potrà comunque favorire un adeguamento del programma alle vicende esterne.
La tabella seguente riassume i più frequenti servizi con cui è necessario collaborare; viene altresì indicato quale livello di collaborazione è generalmente attivabile.
Erogatori servizi e prestazioni | Tipologia di rapporto con il Servizio DGA |
Dipartimenti di salute mentale | Integrazione degli interventi |
Consultori familiari | Consulenze e collegamenti funzionali |
Servizio di Neuropsichiatria Infantile | Collegamenti funzionali e scambi comunicativi |
Servizio sociale comunale | Consulenze e collegamenti funzionali |
Studio commercialistico | Scambi comunicativi |
Studio legale | Scambi comunicativi |
Gruppo territoriale di auto-mutuoaiuto | Consulenze e collegamenti funzionali |
Amministratore di sostegno | Collegamenti funzionali e scambi comunicativi |
Autorità religiosa | Scambi comunicativi |
Associazioni o gruppi sociali | Scambi comunicativi |
In base alla gravità e all’andamento clinico del quadro di gioco d’azzardo problematico, nonché sulla base del supporto familiare e sociale su cui poter contare, andrà sempre valutata l’opportunità di ricorrere ad una amministrazione di sostegno, ciò indipendentemente dalla tipologia di appartenenza (purse è comunque raro che un paziente di tipo I ne abbia necessità).
Questo terzo articolo conclude la rassegna sul modello patogenetico di Blaszczynski e Nower. Tuttavia il tema verrà trattato anche in futuro: tornate periodicamente a consultare questo sito.
Bibliografia e letture consigliate
Bowden-Jones, E., & Prever, F. (Edits) (2017). Gambling Disorder in Women. Routledge, Abingdon
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